Per combattere il terrorismo internazionale l’Unione Europea ha sino ad oggi sfruttato soprattutto misure repressive di diritto penale, da tempo oggetto di un processo di armonizzazione “verticale”. Tutto ciò,  però, limita fortemente risposta giudiziaria.

In Europa molti Paesi membri hanno una storia del tutto particolare: far fronte alle passate minacce terroristiche nazionali, alcuni Paesi (es. Italia, Germania e Spagna, in relazione a BR, RAF e ETA) hanno infatti adottato una serie di misure complementari, ma non “alternative”, in grado di consentire ai giudici non solo di punire i reati commessi, ma anche di prevenire quelli che devono ancora essere realizzati tramite “premi” (circostanze attenuanti o altre forme di riduzione delle sanzioni, non punibilità, benefici penitenziari etc.) capaci di indurre i terroristi catturati a cooperare con le autorità. Molti estremisti, infatti, erano ancora sensibili alla perdita della libertà, oltre che ampiamente recuperabili. Queste misure hanno rafforzato la risposta giudiziaria al fenomeno del terrorismo interno, rivelandosi talmente efficaci da essere mantenute nel tempo, anche dopo la cessazione della “emergenza terroristica” ed estese ad altre forme di criminalità (crimine organizzato, corruzione, etc.).

È in questo quadro che le Università coinvolte in FIGHTER studieranno la possibilità di utilizzare le misure premiali contro il terrorismo internazionale.

Il progetto si propone di affrontare le questioni sopra citate attraverso il raggiungimento di vari obiettivi. In primo luogo, chiarire e sistematizzare lo stato dell’arte nel campo delle misure premiali contro il terrorismo internazionale attraverso uno studio europeo e comparativo dal punto di vista legislativo, pratico, storico e criminologico. Questo primo obiettivo costituisce un passo indispensabile per capire se, come e perché i singoli Stati membri hanno adottato una qualsiasi “disciplina premiale”.

In secondo luogo, occorrerà creare uno o più modelli europei di misure premiali a favore dei terroristi che collaborano con le autorità. Di conseguenza, un’analisi comparativa per individuare modelli comuni già esistenti sarà un punto di partenza, mentre l’attenzione alla fattibilità giuridica e culturale dell’attuazione del modello o dei modelli attraverso l’armonizzazione sarà costantemente monitorata.

L’analisi prenderà in considerazione i limiti posti dai principi generali dell’Unione, le sue competenze e le possibili basi giuridiche, e i principi costituzionali. La cooperazione con importanti membri della magistratura in ogni unità – così come l’organizzazione di “focus group” in ogni Stato membro selezionato – garantirà una focalizzazione sulle questioni pratiche concrete che l’autorità giudiziaria deve già affrontare per mancanza di armonizzazione, e su quelle che possono derivare dall’armonizzazione stessa, consentendo così al progetto di migliorare la cooperazione giudiziaria e di anticipare eventuali questioni future.

In terzo ed ultimo luogo, bisognerà analizzare l’effettivo campo di applicazione dell’art. 16 della Dir. 2017/541/UE e valutare le possibilità di sfruttarlo al fine di attuare uno o parte di un modello già prima dell’armonizzazione. Saranno poi prodotte linee guida per i singoli Stati. L’analisi valuterà pertanto l’autonomia residua dei singoli Stati membri nell’introduzione di misure premiali non espressamente previste dall’articolo. 16 alla luce dell’attuazione dei suddetti modelli.